Kendou disegna rigorosamente a pennarello.
Kendou «dipinge altre geografie, racconta attraversamenti, parla di sé, incide memorie, mette insieme mondi. È sguardo sul qui e sull’altrove, dove l’altrove è spazio intimo, desiderante, ma anche paesaggio in cui poter vivere e far convivere memoria e orizzonte. Il suo lavoro è traccia, cicatrice, danza e tenero sogno». Così è stato presentato alla mostra Move to Live dove sono state esposte le sue opere nel maggio 2024, a Torino.
Kendou «commuove, incanta, denuncia», conclude il testo della sua biografia.
Kendou abita a Bussoleno, nella Valle di Susa. Probabilmente ha cercato di attraversare il confine italo-francese, che dista solo pochi chilometri. Oppure no. Non lo so. So che vive nel campo per esulɜ gestito dalla Croce Rossa Italiana. Lo so perché è lì che l’ho incontrato, in serata, mentre tornava a casa dal lavoro. Simona Sala, dell’associazione On Borders, organizzatrice dell’esposizione a Torino, ci presenta: «Kendou, ecco Cristina; è di lei che ti parlavo a proposito dell’inchiesta su Blessing». Ero lì perché quella sera ero stato invitata da On Borders a presentare l’indagine sulla morte di Blessing Matthew alla quale ho partecipato con altrɜ colleghɜ e amicɜ — Sarah Bachellerie, Charles Heller, Lorenzo Pezzani e Svitlana Lavrenchuk — così come dellɜ rappresentantɜ dell’associazione, con sede a Briançon, Tous Migrants.
Kendou mi ha guardata senza distogliere lo sguardo per un lungo periodo. Poi mi ha detto, in inglese, che ero forte, che il lavoro che avevamo fatto su Blessing era importante. Aveva scoperto l’inchiesta qualche giorno prima, probabilmente navigando su Internet. Aveva posto a Simona una domanda molto semplice: « Conosci la storia di Blessing? ». Simona gli rispose che la storia era ben nota in valle, che sarei venuta qualche giorno dopo per presentare l’indagine e che avrebbe potuto parlarne direttamente con me.
Kendou era nella sala quando ho presentato la ricerca e l’inchiesta. Qualcuno gli sussurrava la traduzione di ciò che dicevo in italiano. Lui mi guardava, con intensità e attenzione, osservando le diapositive che scorrevano sullo schermo. Ha scattato delle fotografie con il suo telefono cellulare. Era lì, davvero lì, presente con tutto il suo corpo e il suo cuore.
Kendou è venuto a parlarmi dopo la presentazione. Ha ripetuto ciò che aveva detto al nostro primo incontro: «You are a strong woman, what you are doing is important, please, do not give up, never» («Sei una donna forte, quello che fai è importante, per favore, non abbandonare, mai»). Queste parole erano di nuovo accompagnate da uno sguardo di incoraggiamento, che chiedeva anche la promessa di continuare a lottare per ottenere verità e giustizia per Blessing e tutte le altre vittime dei confini.
Il giorno seguente, Simona mi inviò un messaggio: si trattava di un disegno di Kendou, in cui riproduceva e reinterpretava a modo suo le informazioni che avevo fornito alla conferenza, ma che aveva anche tratto dall’inchiesta prodotta da Border Forensics: una riproduzione della foto di Blessing; la mappa del percorso che Blessing ha fatto da Clavière, in Italia, fino all’ingresso del villaggio di La Vachette, in Francia, dove le forze dell’ordine hanno cercato di arrestarlo con i suoi due compagni di viaggio; e il grafico che mostra l’evoluzione del numero di persone decedute ai confini delle Alpi dal 1993.
Al centro del disegno, ha scelto di includere un estratto del testo di presentazione dell’indagine, che ha riprodotto, tradotto in italiano e adattato come segue:
"Il 9 [numero in rosso] maggio 2018 [numero in rosso], il corpo di Blessing Matthew, originaria della Nigeria, è stato ritrovato nel fiume ’Durance’ [nome del fiume in rosso], nelle Alpi francesi vicino al confine con l’Italia.La giovane è stata identificata qualche giorno dopo come Blessing Matthew, 21 [numero in rosso] anni, originaria della Nigeria. È stata vista per l’ultima volta il 7 maggio nel villaggio di La Vachette, à 15 [numero in rosso] chilometri dal confine italo-francese quando la gendarmeria mobile ha cercato di fermare lei e i suoi due compagni di viaggio, HERVÉ e ROLAND.
Il suo nome è BLESSING MATTHEW nella foto il giorno della sua laurea, foto condivisa da sua sorella Christina OBIE.
Né il racconto dei gendarmi, né quello di Roland, né quello di Hervé permettono di sapere cosa è successo a Blessing tra il momento in cui è caduta nella Durance e il momento in cui il suo corpo è stato ritrovato nella diga di Prelles, 11 [numero in rosso] chilometri a valle. Un elemento delle indagini della polizia giudiziaria rende ancora più inquietanti una parte dei fatti: una giacca nera e una sciarpa colorata furono ritrovati dai gendarmi che hanno svolto l’inchiesta sotto una passerella a monte del punto in cui cadde Blessing. Questa giacca e questa sciarpa corrispondono alla descrizione che Roland e Hervé hanno fatto degli abiti che Blessing indossava fino al momento in cui è caduta in acqua.
Cosa è successo a Blessing dopo la sua caduta? Come sono finite la giacca e la sciarpa a monte del punto in cui Hervé testimonia di averla vista cadere? Come è arrivato il corpo di Blessing alla diga di Prelles, a 11 [numero in rosso] chilometri di distanza? [punto di esclamazione in rosso]"
Mando un messaggio a Kendou, ringraziandolo per il disegno. Gli dico che ho dei nuovi dati e che mi dispiace di non averli inclusi nella mia presentazione. Mi ha proposto di rifare il disegno. E iniziamo una discussione su ciò che questo grafico rende visibile. Lo informo che ora il grafico contiene 153 persone morte ai confini alpini. «Too much, unknown to many, including me» («Troppo, ignorato da troppe persone, me incluso»), mi risponde. Gli invio anche il lungo elenco di persone uccise lungo i confini europei compilato dall’ONG olandese United che conteneva, prima dell’aggiornamento nel giugno 2024, delle informazioni su 52 760 persone decedute dal 1993. Kendou la commenta così: «It seems countless. We lost an entire generation» («Sembra infinito. Abbiamo perso un’intera generazione»).
Qualche giorno dopo, Kendou mi invia un altro disegno. Ha aggiornato il grafico per includere le 153 vittime di cui gli avevo parlato.
Il testo al centro del disegno finisce ora con queste parole:
«Solo la riapertura dell’inchiesta giudiziaria potrà dare una risposta definitiva a queste domande e fare luce su questa parte ancora oscura degli eventi.»
Nella cornice, ha aggiunto:
« Lei, è la sorella, un’amica,
un’anima bellissima che ci ha lasciato così presto!Non sarà mai dimenticata!!!
Continuerà a urlare finché non avrà giustizia!!!"
Le parole di Kendou fanno eco a quelle della sorella maggiore di Blessing, Christiana Obie, che ci ha detto che finché verità e giustizia non sarà fatta, Blessing «continuerà a urlare».
I disegni di Kendou sono testimonianze che fanno sentire il grido di Blessing. I disegni di Kendou, come l’indagine che abbiamo condotto, sono per Blessing, per le sue sorelle, per i sopravvissuti all’inseguimento che si è concluso con la sua morte. E per tutte le vittime delle frontiere. Perché Blessing possa smettere di urlare.