Terrorismo, insurrezione o resistenza: cartografare e dare un nome all’«internazionale jihadista»

#jihadismo #Stato_islamico #Daesh #Al-Qaida #Insurrezione #Resistenza #Terrorismo

29 agosto 2016

 

di Philippe Rekacewicz


Traduzione: Cristina Del Biaggio e Alberto Campi.
Questo post è stato pubblicato contemporaneamente sul sito d’OrientXXI.

Dalla fine degli anni ’90 si sono visti nascere e svilupparsi una serie di gruppi islamisti fondamentalisti transnazionali. Nonostante la loro crescente importanza, questo fenomeno non è mai stato oggetto di una cartografia che andasse oltre la semplice e vaga localizzazione geografica dei luoghi dove questi gruppi operavano, o la segnalazione delle località degli attentati a loro attribuiti.

Questi movimenti che all’inizio risultavano essere disorganizzati e agire in maniera indipendente gli uni dagli altri, fatta eccezione per Al-Qaida, a partire dagli anni 2000 si sono a poco a poco meglio strutturati, soprattutto dopo l’inizio delle rivolte arabe del 2011. Si sono trasformati in organizzazioni politiche, ideologiche e militari, che tessono legami sempre più stretti fra loro.

Dal 2013, hanno iniziato a «territorializzarsi» - con più o meno successo (certi tentativi di territorializzazione sono «infastiditi» da interventi militari occidentali). I jihadisti - ma anche le armi, le tecniche o le ideologie - circolano da un continente all’altro, stabiliscono basi e consolidano posizioni (tratti rossi sulla carta qui sotto). Gli insediamenti territoriali, anche embrionali, allacciano fra loro dei legami politici (tratti grigi) - alleanze, affiliazioni, consigli politici o militari.

JPEG - 2.4 Mio

Il funzionamento e la logistica di queste organizzazioni si sovrappongono agli Stati-nazione tradizionali per la maggior parte nati dalla decolonizzazione. Queste entità assumono il controllo degli spazi abbandonati dagli Stati in decadenza e utilizzano le infrastrutture esistenti degli Stati indeboliti con i quali, delle volte, entrano in contrasto in maniera violenta, poiché gli Stati sono incapaci di tenerle a freno.

Questa «sovrapposizione» fa pensare alla creazione di una sorta di «frontiera verticale» dove almeno due forme di organizzazioni politiche «coesistono» e funzionano su un territorio in maniera «frazionaria».

E’ questa nuova «visibilità» geografica che permette di proporre una visualizzazione cartografica della logica spaziale di questa complessa rete.

Alain Gresh, moderatore del sito Orient XXI, aggiunge a questo approccio: «Al di là della territorializzazione, ciò che è importante è il fatto che queste organizzazioni si iscrivano ormai in una prospettiva globale di “guerra mondiale” dove tutto è legato, dalla Nigeria all’Irak e al Pakistan. Hanno acquisito la capacità di (quasi) unificare sotto la stessa bandiera delle lotte estremamente diverse e creare, quindi, un solo fronte capace di attirare dei giovani da tutte le regioni del mondo nelle file del movimento jihadista».


Questa carta, pubblicata nel giornale svizzero La Cité nel maggio 2015, è l’ultima versione di una rappresentazione sulla quale riflettiamo con Alain Gresh dal 2007. In otto anni, l’abbiamo pubblicata diverse volte facendone evolvere parallelamente sia i modi di rappresentazione visivi, i simboli, le legende che la terminologia…

Nel novembre 2007, abbiamo prodotto la prima visualizzazione di questo approccio sotto forma di «autostrada» con degli incroci e le sue ramificazioni.

JPEG - 9.2 Mio
«Autostrada del terrorismo» : schizzo 0.0
Novembre 2007

Questo primissimo approccio ignorava tutto ciò che stava succedendo a sud del Sahara. Nel primo tentativo di legenda per definire le vie di circolazione più importanti, avevamo scelto il termine «terrorismo». L’Autostrada del terrorismo… È già di per sé complesso utilizzare questo termine all’interno di un testo, figuriamoci in una carta.

Cos’è un terrorista? I membri dell’Irgun che decidono di utilizzare la violenza contro i civili palestinesi, considerati terroristi dalle autorità britanniche? I membri della resistenza francese della Seconda guerra mondiale, denominati terroristi dai nazisti?

E se chiamiamo «terrorismo» le barbarie dello Stato Islamico, come qualificare gli Stati occidentali, Stati Uniti in testa, che hanno imposto all’Iraq un embargo che ha causato la morte di centinaia di migliaia di bambini, o le campagne di attacchi di droni che hanno ucciso migliaia di civili in Pakistan o in Yemen?

Dopo averne discusso, abbiamo pensato a questo «movimento armato internazionale» più come a un fenomeno di resistenza che come a degli atti di cieca violenza, senza significato, ragione per la quale abbiamo deciso di farne un’«autostrada ribelle».

JPEG - 1.3 Mio
«Autostrada ribelle» : schizzo 1.0
Novembre 2007

Ma non è finita… Lo schizzo pubblicato nel novembre 2007 è stato ripreso nell’Atlante Un monde à l’envers nel 2009 con qualche piccolo adattamento non del tutto innocuo: Il fronte della «guerra contro il terrorismo» è stato esteso all’Iran (assente nella prima carta) e il titolo è stato ancora una volta modificato: il termine di «resistenza» è stato preferito a quello di «insorto»!

JPEG - 360.9 kio
«Autostrada delle resistenze»: digitalizzazione dello schizzo 1.0 de 2007
Febbraio 2009

Abbiamo dunque in questa carta un sottile miscuglio di termini: fra virgolette, l’appellativo americano di «guerra contro il terrorismo» (senza commento sull’utilizzo del termine terrorismo), «insurrezione» e infine «resistenza». Una sintesi dei contrari, insomma.


Abbiamo lasciato riposare questo approccio cartografico per alcuni anni, durante i quali sono scoppiate le rivolte arabe e sulla loro scia la guerra in Siria, in Libia, in Yemen, ma anche in Mali e in Repubblica centrafricana; mentre allo stesso tempo si aggravavano le guerre in Iraq e nel Sudan del Sud.

Nel 2013, abbiamo deciso di riprendere lo stesso concetto cartografico, di svilupparlo e riadattarlo a questa nuova e inedita situazione.

JPEG - 4.3 Mio
«Autostrada del jihadismo internazionale»: primo schizzo 0.0
Settembre 2013

La carta è divenuta un po’ più complessa, con l’introduzione di un tentativo d’identificazione - per ogni paese - della sua situazione politica. Era un esercizio rischioso perché, da una parte, tutto può cambiare molto rapidamente (è per questa ragione che è importante datare chiaramente questi documenti quando li si ripubblica nuovamente [1]). D’altra parte, i criteri a partire dai quali si determina se uno Stato sia in decadenza, lacunoso o indebolito risultano essere abbastanza «soggettivi» e difficili da scegliere.

JPEG - 1.8 Mio
«Autostrada del jihadismo internazionale»: schizzo finale 1.0
Settembre 2013

L’altra novità è l’introduzione di un nuovo dato: la rappresentazione degli interventi militari detti «stranieri» dal 2001. Era un’informazione importante da «infilare» nella carta essendo un elemento - ma non l’unico chiaramente - che può spiegare questa «geografia del caos».

Ne esistono due categorie: gli interventi militari convenzionali (non sono sicuro che sia il termine più adatto, ma lo utilizzo in mancanza di uno migliore) e le campagne più o meno costanti di attacchi di droni - questi ricordano i conflitti di «bassa intensità» condotti dall’amministrazione del presidente Ronal Reagan contro le guerriglie in America Latina o in Africa Australe. Nella carta del 2015, all’inizio di questo post, queste due categorie sono state raggruppate. L’intervento militare saudita in Yemen, troppo recente, non vi figura (ancora).

Il campo geografico si è esteso fino a raggiungere il Sud del Sahara. Fred Halliday, nel suo libro L’URSS et le Monde arabe, pubblicato per le edizioni Le Sycomore nel 1982, parla di un «arco di crisi» che all’epoca andava dall’Etiopia all’Iran, riferendosi ad un concetto inventato dall’orientalista Bernard Lewis e ripreso dall’americano Zbigniew Brzeziński nel 1978.

Nel 2015, «l’arco delle crisi» si estende dal Mali (alcuni lo fanno cominciare addirittura in Mauritania) al Pakistan, inglobando l’Africa del Nord, il Sahel, l’Africa dell’Est, gli Stati del Golfo, il Medio Oriente, l’Iran e l’Afghanistan - ciò che corrisponde, a grandi linee, all’idea di «Grande Medio Oriente» definito da George W. Bush… Nella prossima versione bisognerà sicuramente estenderlo fino alle Filippine e all’Indonesia.

Nel 2013, la Nigeria è ancora al di fuori della zona, ma fa la sua entrata nel 2015 con il rafforzamento del gruppo islamista Boko Haram e la sua dichiarazione di fedeltà allo Stato Islamico.

Come denominare lo Stato Islamico?

Nel giugno 2014, è annunciato il ripristino del califfato sotto la direzione di Abou Bakr Al-Baghdadi. Da allora, i comunicati proveniente dalla sua organizzazione sono firmati «Stato Islamico». Per nominarlo, i media arabi ostili usano l’acronimo arabo di Daesh o Dawla Ilamiyya. Questa formulazione è chiaramente peggiorativa ed è per questo che è usata in francese da Laurent Fabius.

Bisogna accettare il termine «Stato Islamico»? Diversi media francesi, fra i quali l’Agence France presse e il Monde diplomatique hanno adottato la terminologia di «organizzazione dello Stato Islamico», affermando che questa struttura non era uno Stato e, per alcuni, neanche islamica. Quasi due anni dopo la sua formazione, possiamo tuttavia porci degli interrogativi. Le strutture messe in opera hanno diverse caratteristiche tipiche di uno Stato: controllo di un territorio, presenza di funzionari, riscossione delle imposte, gestione della vita quotidiana dei suoi abitanti.

Esso però non dispone di alcun riconoscimento internazionale.
In quanto al suo carattere «islamico» è sempre difficile pronunciarsi. Se questa definizione favorisce delle confusioni pericolose, soprattutto in Occidente, chi è autorizzato a giudicare in questo ambito?

L’Iran, il Pakistan o la Mauritania s’intitolano ufficialmente «repubblica islamica», sono o no islamici? Sono riconosciuti come tali dalla comunità internazionale e dall’Organizzazione della cooperazione islamica (O.C.I.).

Per aggiungere una nota d’umore, ci fu un tempo, quello delle colonie, in cui la Francia si rivendicava «potenza musulmana».

↬ Alain Gresh

Questa carta è stata digitalizzata, leggermente adattata e «aggiornata» per essere pubblicata con il titolo «Connessioni jihadiste» nel mini-atlas sullo stato del mondo consacrato ai conflitti nel mondo (La Découverte).

JPEG - 4.2 Mio
«Connessioni jihadiste»: carta digitalizzata a partire dallo schizzo finale 1.0
Settembre 2014

A proposito degli stessi temi, possiamo tornare ancora un po’ più indietro nel tempo.

Nel 2005 e nel 2006, abbiamo deciso di lanciarci nella ricerca cartografica sulla questione del terrorismo internazionale. Fino ad allora non eravamo molto propensi a cartografie questo soggetto difficile. C’erano molte trappole: cedere alla tentazione di una rappresentazione spettacolare, dimenticare degli avvenimenti importanti, o peggio, interpretarli al contrario.

Per finire, ci siamo lanciati cercando di accumulare sulla carta «ciò che sapevamo», e poi di colmare le lacune poco a poco con ciò che mancava e «ciò che (ancora) non sapevamo».

Nel 2005, durante la produzione di un atlante geopolitico che doveva uscire nel 2006, lavoravamo alla rappresentazione del terrorismo fra il 1960 e il 1990.

Lo schizzo era incompleto, c’erano delle mancanze, ma mostrava comunque già una configurazione geografica interessante.

Mi chiedo se, in fondo, quest’immagine non ci disturbasse. Era la prima visualizzazione «concreta» di un periodo della storia e di un tema sul quale avevamo letto molto, ma del quale ci sfuggiva la logica geografica. Il risultato restava molto astratto per non dire «a-geografico». Richiamava una riflessione fondamentale veramente difficile da effettuare sulla «giustificazione della violenza»: nella carta c’è una legenda, e la legenda è costituita da parole, che sono importanti; non si sceglie mai a caso fra «terrorismo» e «resistenza».

Questa carta è dunque sempre un «cantiere» aperto per la ricerca (avviso agli amatori).

JPEG - 2.2 Mio
Terrorismo nel mondo dagli anni ’60 alla fine degli anni ’90: primo schizzo 0.0
Ottobre 2005

In compenso, abbiamo avuto molte meno difficoltà quando ci siamo lanciati sulla pista del terrorismo «post-settembre 2001». Abbiamo optato per la semplicità. In quell’occasione abbiamo creato un catalogo…

JPEG - 1.9 Mio
Terrorismo recente: gli anni Al-Qaida: primo schizzo 0.0
Ottobre 2005

Detto ciò, in una versione digitalizzata, avevamo integrato delle informazioni sul tipo di relazioni e di accordi più o meno trasparenti che certi paesi intrattenevano con gli Stati Uniti. Non dimentichiamoci che con questa carta coprivamo solo quattro anni di azioni: 2001-2005.

JPEG - 1.4 Mio
Terrorismo recente: gli anni Al-Qaida: carta digitalizzata a partire dall primo schizzo 0.0
Febbraio 2006

Poiché parliamo di «terrorismo» e di «resistenza», bisogna evocare anche questo progetto nato nel medesimo periodo (2005). L’idea era di cercare di riunire su una stessa carta ciò che il mondo in generale e i continenti in particolare facevano per resistere ai tentativi di egemonia degli Stati Uniti. Vi lascio prendere conoscenza della legenda nella quale, lo ammetto, abbiamo mescolato un po’ tutto… E’ senza dubbio dovuto al fatto che eravamo ai nostri primi passi con la cartografia radicale!

JPEG - 505.7 kio
Un mondo entrato in resistenza contro il tentativo egemonico americano: primo schizzo 0.0
Settembre 2005.

La carta digitalizzata presenta poche differenze dallo schizzo. Abbiamo solo invertito i modi di rappresentazione visiva per due criteri: «I paesi nei quali l’immagine degli Stati Uniti si è degradata fra il 2001 e il 2005» sono passati da una rappresentazione areale ad una rappresentazione puntuale, e «i paesi della coalizione» da una rappresentazione puntuale a una rappresentazione areale.

JPEG - 905.9 kio
Le diverse forme della resistenza: carta digitalizzata a partire dal primo schizzo 0.0
Febbraio 2006

Bisogna tornare al 2009 per avere un’altra «carta catalogo» che abbiamo pubblicato nell’atlante del 2009 Un monde à l’envers, e che ci era stata proposta all’epoca dalla geografa Béatrice Métaireau.

JPEG - 2.4 Mio
Vedono dei terroristi dappertutto: carta elaborata da Béatrice Métaireau.
Febbraio 2009

La carta non mostrava niente di veramente clamoroso sulle logiche geografiche dei movimenti detti terroristi, fatta eccezione per il fatto che non erano gli stessi che erano indicati come tali dagli Europei e dagli Statunitensi. Ma nel 2009, non molto tempo fa dunque, Boko Haram, Al-Qaida nello Yemen e lo Stato Islamico non esistevano ancora…

Traduzione: Cristina Del Biaggio e Alberto Campi.

Tutte le versioni di questo articolo: [français] [italiano]